Mariano Fortuny, il tintore alchimista, com’è stato definito dallo scrittore Gabriele D’Annunzio, è considerato uno fra i più importanti artisti (perché fotografo, pittore e scenografo), stilisti e inventori di tecniche di tessitura del 900.
La vita
Mariano Fortuny nacque a Granada, in Spagna, nel 1871, ereditando dal padre la passione per la pittura e per le arti applicate. Dopo la morte del genitore, si trasferì prima a Parigi e poi a Venezia, presso il Palazzo Martinengo, insieme alla madre e alla sorella Luisa.
Nel 1902 conobbe Henriette Negrin, sua musa ispiratrice e futura moglie, con la quale intraprese l’avventura nel mondo del settore tessile. In seguito la coppia acquistò il Palazzo Pesaro degli Orfei, dove, all’ultimo piano dell’edificio, i due coniugi cominciarono a produrre stoffe, sete e macchinari.
L’Atelier di Palazzo Orfei
Palazzo Orfei, oggi Museo Mariano Fortuny y Madrazo, divenne così il loro Atelier, il laboratorio dove vennero alla luce creazioni rivoluzionarie. Tra queste figura l’iconica Knossos, una sciarpa di seta esposta per la prima volta nel 1906, stampata in modo lussureggiante. Fortuny fondò quindi l’azienda Tessuti Artistici Fortuny srl, che ancora oggi utilizza le stesse tecniche e procedure segrete da lui ideate.
La rivoluzione della moda
Con la sua visione rivoluzionaria ed eclettica della moda e dei tessuti, Fortuny ha ispirato celebri stilisti di haute couture, da Valentino a Issey Miyake, proponendo motivi del classicismo greco-romano, fusi con i segni della cultura celtica, bizantina e longobarda.
L’emancipazione della donna nella moda Fortuny
La peculiarità di Fortuny è stata quella di liberare le donne dalle costrizioni imposte da busti e corsetti dell’epoca, per offrire loro eleganza e comfort, proponendo abiti raffinati dal tessuto pregiato.
Mariano Fortuny il tintore alchimista – le ispirazioni
Nelle sue creazioni, Fortuny è stato ispirato dalla Venezia antica, dalla Grecia, dall’Egitto, da Firenze, dalla Persia, dall’Asia, dal Sud America e dall’Estremo Oriente. La ricerca dell’innovazione ha sempre contraddistinto i suoi lavori, trasformando materiale storico in espressioni contemporanee e all’avanguardia.
Basandosi su tecniche antiche, apprese dai maestri, Fortuny ha creato le proprie formulazioni di coloranti, pigmenti e vernici resistenti e conferito ai materiali un’aura di autenticità.
L’abito Delphos
Una delle creazioni più innovative e audaci dell’Atelier Fortuny, è stato il lancio, nel 1909, dell’abito Delphos, ispirato al chitone ionico dell’Auriga, scultura greca rinvenuta a Delfi nel 1896.
Ambito tra le donne in cerca di libertà di movimento e di espressione, l’abito, in tessuto plissettato, fu acquistato per la prima volta dalla marchesa Luisa Casati. Il delphos divenne popolare anche tra le più celebri ‘influencer’ dell’epoca, come Eleonora Duse, Isadora Duncan, Ellen Terry e Oona Chaplin.
Particolarità dell’abito Delphos
La particolarità del Delphos, era quella di essere un abito monocromo, di forma semplice ed essenziale. Indossato, appariva come una sorta di cilindro, costituito inizialmente da quattro teli in satin o taffetà di seta, cuciti tra di loro in lunghezza e in sequenza verticale.
L’abito spiccò subito per la sua forma essenziale, che avvolgeva delicatamente il corpo della donna. La plissettatura fine è eseguita ancora oggi attraverso un processo manuale; lo scollo e le maniche sono regolabili da coulisse in cordoncini di seta, arricchiti da perline, in origine in vetro di Murano.
Brevetto e paternità dell’abito Delphos
La paternità dell’abito, nonostante sia stata tradizionalmente assegnata a Mariano Fortuny, è stata da lui riattribuita alla moglie Henriette. Ne è conferma un’annotazione autografata, collocata a margine del brevetto.
Fortuny registrò così i brevetti sia del vestito che della plissettatura, indicandola come un “tessuto ondulato a pieghe”.
Mariano Fortuny il tintore alchimista e l’immaginario collettivo
Le donne che indossarono le creazioni Fortuny vennero immortalate da grandi fotografi. Isadora Duncan posò per Edward Steichen, Selma Schubart per il fratello Alfred Stieglitz, l’attrice Régine Flory per Albert Harlingue.
Gli abiti Fortuny vennero accolti con entusiasmo da uomini e da donne aderenti a una comunità raffinata, cosmopolita e intellettuale. ll Delphos non fu solo un abito innovativo nella forma estetica, ma un mezzo innovativo e moderno per concepire le donne europee del XX secolo: emancipate, libere e all’avanguardia.
Fortuny e l’illuminotecnica
Mariano Fortuny non si occupò soltanto di moda, ma applicò la sua energia creativa anche all’illuminotecnica, alla creazione di profumi e agli accessori. Disegnò diversi punti luce e impianti di illuminazione, partendo dal suo imprinting di fotografo.
Pensava soprattutto a spazi di fruizione pubblica, come teatri, mostre o esposizioni e, in quel mood, nel 1907, realizzò la celebre lampada Moda. La lampada (tuttora in commercio) si sviluppa su un treppiede a gambe regolabili e il paralume, con volta in tessuto opaco, è orientabile e inclinabile.
La morte di Fortuny e la prosecuzione dell’Atelier
La fortuna di Delphos, realizzato in diverse versioni, sempre con la preziosa plissettatura, dominò tutto il primo Novecento. La produzione dell’abito e delle sue varianti, cessò nel 1949 con la morte di Fortuny, all’età di 78 anni, nel suo palazzo veneziano. La vedova Negrin ha portato avanti l’Atelier Fortuny fino al 1965, donando opere della famiglia alle collezioni di musei europei, soprattutto spagnoli.
Oggi l’Atelier Fortuny di Palazzo Orfei a Venezia, ospita una casa show room rinnovata dall’architetto Alberto Torsello in cui sono stati riallestiti gli atelier di grafica e quelli del tessuto.
L’azienda è stata poi rilevata dai fratelli Mickey e Maury Riad, americani di origine egiziana, che a loro volta hanno ereditato l’Atelier Fortuny dal padre Maged nel 1998.
@Stiledesign. Riproduzione riservata
Potrebbero interessare anche: