Vera magnum opus di Dior, la giacca Bar è l’eredità che si rinnova ogni stagione, incarnando l’eleganza distintiva della maison.
Dietro alla sua apparente semplicità c’è una maestria artigianale che si tramanda da più di 70 anni, con la quale si sono confrontati i diversi direttori creativi alla guida della maison. Hanno apportato diversi contributi stilistici, reinventandola secondo la propria sensibilità creativa e rendendola un capo sempre attuale, moderno e in rima con quel New Look di cui è stata protagonista.
Nascita del New Look
Con New Look si identifica la prima collezione primavera-estate di Christian Dior, presentata il 12 febbraio 1947 al 30 di Avenue Montaigne, sede del primo atelier. C’era un grande fermento nell’aria, c’erano le persone che contavano, c’era la stampa americana, ma c’erano, prima di tutto, le donne, le clienti ideali che avrebbero potuto indossare quei capi per decretarne il successo.
Nelle sale sfilarono più di novanta capi, indossati da modelle selezionate, muse adatte a interpretare quegli abiti con il loro incedere raffinato, misurato, “d’un air impassible et distant”. Le mannequin presentarono i modelli delle collezioni Corolle e En Huit, davanti agli occhi sorpresi ed estasiati dei presenti, tanto che Carmel Snow, vice-direttrice di Harper’s Bazaar USA, esclamò: “Dear Christian, your dresses have a such a new look!”.
Da quel momento, la collezione seguì con il nome New Look, che vestiva benissimo l’ideale di stile e le idee rivoluzionarie del couturier. Nella sua autobiografia (Dior by Dior: The Autobiography of Christian Dior) egli scrive: “It was time for a new trend in fashion”, “The work would be done according to the hghest traditions of haute couture“.
Un nuovo modello di fascino femminile
Il nuovo trend al quale faceva riferimento Dior s’ispirava ai momenti di maggior fermento creativo parigino: il Secondo Impero e la Belle Epoque, che avevano reso Parigi una capitale del gusto internazionale. Dior proponeva un revival del lusso parigino come risposta ottimista all’austerità e alle nuove necessità che il conflitto mondiale aveva generato.
L’ideale di donna proposto rimandava alla ‘signora perbene’ borghese, attenta alle formalità, che considerava la moda una cosa seria. Le donne di Dior volevano riconquistare il diritto alla sensualità e alla leggerezza di potersi occupare di cose frivole. Però erano anche donne che avevano raggiunto una consapevolezza nuova del proprio essere, grazie anche alla rivale Chanel, che, in quegli anni, aveva insegnato loro a portare i pantaloni, emancipandosi e stravolgendo le convenzioni sociali, per vedersi come interpreti della propria vita e non spettatrici.
Dior voleva dunque affermare una nuova immagine di femminilità potente, ma anche un’immagine di lusso, espressa da tessuti lussuosi, maestria chirurgica nelle costruzioni sartoriali e riconoscibile raffinatezza.
Una nuova silhouette
Le silhouette sembravano scolpite per glorificare il corpo femminile, busto e fianchi in particolare. Le gonne erano sia affusolate sia ampie, lunghe fino al polpaccio e sostenute da rigide sottogonne, che regalavano sinuosità alla camminata. Le spalle boxy degli anni ’40 e le forme maschili lasciavano spazio a linee più morbide e arrotondate.
Il New Look suscitò diverse critiche, quelle di chi vedeva nel ritorno a stili e mode passate un ritorno della donna a stili di vita restrittivi, che non le appartenevano più. Inoltre l’uso di di tessuti pregiati, presenti in gran quantità tra pieghe e drappeggi, fu etichettato come scandaloso in quegli anni, che accusavano ancora i postumi drammatici di un conflitto atroce. Ma suscitò anche grande interesse, visto come una vera rivoluzione nella moda e nella maniera di intendere l’abito e la sua funzione; un rinnovamento non solo di gusto e di stile, soprattutto culturale.
Il tailleur dallo spirito rivoluzionario
Il vero protagonista della sfilata fu il completo da bar, composto da una gonna nera in crêpe di lana a pieghe e una giacca in shantung di seta color crema, dalla forma a clessidra, che esasperava il punto vita e accentuava i fianchi con virtuosismo sartoriale. Si dice che l’idea sia nata nelle sale dell’Hotel Plaza Athénée, in cui monsieur Dior amava recarsi.
La giacca
Per confezionare la giacca erano necessari quasi quattro metri di tessuto. Era composta da dieci pannelli che fasciavano il busto, per poi aprirsi sui fianchi con una baschina la cui circonferenza misurava tre volte quella della vita, accentuando le forme del corpo.
Il colletto e il bavero erano costruiti in modo sartoriale (La versione del 1947 aveva il collo a scialle e 6 bottoni ricoperti in seta). La baschina era il vero elemento distintivo: lunga fino ai fianchi, presentava un’imbottitura interna per darle la caratteristica forma.
Si dice che l’idea fu di Pierre Cardin, allora giovane assistente di Dior, che si procurò in farmacia delle garze di cotone per imbottire il capo. La giacca si indossava senza camicia, diventando così capo protagonista, svincolato dalla sua funzione di complemento di un abito.
La gonna
La gonna invece era molto ampia, lunga fino al polpaccio, e necessitava di oltre cinque metri di tessuto, poiché interamente plissettata. Era incredibilmente pesante e, per sostenerla, la fascia in vita era rinforzata internamente con due strati di crine di cavallo e una rete rigida. Inoltre, aveva un sottogonna in taffetà irrigidita da una rete, che riprendeva la funzione di una crinolina, donando ampiezza alla gonna e sinuosità ai movimenti.
La giacca Bar eredità che si rinnova
La giacca diventò il manifesto della maison e della sua estetica, il segno distintivo di quel saper fare, che viene rinnovato ancora oggi. Tutti i designer che hanno preso la direzione creativa della maison si sono cimentati nella propria interpretazione dell’iconica giacca: è interessante cogliere le peculiarità stilistiche e come la loro visione abbia plasmato la direzione della casa negli anni del loro mandato.
Da Yves Saint Laurent a Marc Bohan, che ne ha intuito la potenzialità di capo iconico, passando per le silhouette voluttuose di Gianfranco Ferrè, il glamour esuberante di John Galliano e il minimalismo di Raf Simons, le linee sensuali e l’allure dell’originale di Dior permangono e continuano ad attraversare il tempo e la moda.
Con Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa dal 2016, la giacca Bar diventa un territorio sperimentale. Ne ha attualizzato la costruzione, ora meno rigida e più adatta al vivere attuale, diventando portavoce del dialogo tra i valori e l’eredità Dior e la femminilità contemporanea nelle sua varie declinazioni.
Abbiamo visto sfilare la giacca in versione denim, tartan, in camouflage jacquard, trapuntata con motivo cannage, impreziosita da ricami Cornely, ricavata da tessuti costruiti manualmente su antichi telai (ad esempio quelli de Le Costantine, in provincia di Lecce) e persino corredata di airbag protettivi (in collaborazione con D-Air Lab del gruppo Dainese).
Dietro la camaleontica giacca Bar c’è la volontà di connettere la visione della maison con le tradizioni artigianali di luoghi ogni anno diversi, sparsi in tutto il mondo, con l’intento di creare scambio, ricchezza, creazioni che possiedono un senso di memoria da custodire e trasmettere come valore di autenticità.
Alessandra Parisi
@Stiledesign. Riproduzione riservata
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